“Cacerolazo”, una parola
che riporta indietro ad undici anni fa l’Argentina ovvero manifestazioni di
piazza, proteste contro il Governo, ma soprattutto inizio delle limitazioni economiche
per molte famiglie e risparmiatori argentini con relativa crisi istituzionale e
caos totale ed il giocattolo sembra essersi rotto di nuovo.
Santa Fe, Cordoba, Mendoza,
Bariloche ed infine Buenos Aires. Questa volta non sono serviti pentole e casseruole
(da cui prende il nome il Cacerolazo, ovvero le caceroladas) ma migliaia di
sms, di tweet, di pagine su facebook che hanno richiamato in piazza le persone
per protestare contro le bugie e le restrizioni del governo di Cristina
Kirchner che in tutta risposta prosegue in una sorta di tour elettorale anticipato,
quasi che le elezioni siano alle porte (quelle legislative si svolgeranno l’anno
prossimo ma sono in tanti a pensare che possa esserci un anticipo delle
presidenziali).
Ci sono due linee
parallele, due strade che alla fine potrebbero confondersi e non si sa quale
delle due possa diventare quella principale: la prima è quella di un paese in
crescita al 3% del PIL nel 2012 con una previsione del 4,3% nel 2013, con una
maggioranza politica che sembra ancora solida nonostante le numerose critiche e
defezioni verso Cristina Kirchner ed un’impresa che nonostante tutto regge l’urto
della crisi. La seconda strada parla invece di un’inflazione reale intorno al
30%, di una campagna di nazionalizzazioni che sta deprimendo il mercato ed una
soglia di povertà che si sta lentamente alzando.
Colpa delle solite campagne
di denigrazione dell’FMI e della comunità internazionale, tuonano dalla Casa
Rosada che nel frattempo ha aumentato i fondi per i capi territoriali, ha annunciato
l’aumento degli assegni familiari e di quelli per i figli, ha attaccato ancora
una volta Scioli, il suo alleato ormai diventato una spina nel fianco, che
avrebbe dovuto essere il futuro candidato del Fronte Kirchnerista ed invece
rischia di diventare il rivale di Cristina che punta ad una riforma
costituzionale per una ricandidatura. Ecco perché le legislative diventano
importanti.
Nel frattempo però l’ossessione
per il dollaro inizia a schiacciare l’economia argentina, a maggior ragione
dopo il consiglio della Banca Centrale di limitare le estrazioni in dollari dei
titolari delle carte di credito ed ora che si è estesa anche a tutte le altre
valute estere non più per controllare l’evasione, la fuga di capitali ed il
mercato nero ma quasi per sfidare i mercati internazionali.
Il rischio è il cambio
torni ad essere gravosissime con tutte le conseguenze del caso in termini
inflazionistici, ma anche sull’import/export, sull’attività industriale. Insomma
un ritorno molto serio al 2001. A fronte di questa paura, molto concreta,
neppure la grande macchina propagandistica del Fattore K (l’entourage Kirchner,
appunto) riesce a colmare la soglia dei delusi che ormai è prossima al 50%. Ogni
mossa sbagliata di qui in avanti potrebbe significare l’inizio di una nuova
stagione di ribellioni.
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