venerdì 14 settembre 2012

Proteste e blocchi: il giocattolo argentino di Cristina si è rotto



“Cacerolazo”, una parola che riporta indietro ad undici anni fa l’Argentina ovvero manifestazioni di piazza, proteste contro il Governo, ma soprattutto inizio delle limitazioni economiche per molte famiglie e risparmiatori argentini con relativa crisi istituzionale e caos totale ed il giocattolo sembra essersi rotto di nuovo.

Santa Fe, Cordoba, Mendoza, Bariloche ed infine Buenos Aires. Questa volta non sono serviti pentole e casseruole (da cui prende il nome il Cacerolazo, ovvero le caceroladas) ma migliaia di sms, di tweet, di pagine su facebook che hanno richiamato in piazza le persone per protestare contro le bugie e le restrizioni del governo di Cristina Kirchner che in tutta risposta prosegue in una sorta di tour elettorale anticipato, quasi che le elezioni siano alle porte (quelle legislative si svolgeranno l’anno prossimo ma sono in tanti a pensare che possa esserci un anticipo delle presidenziali).  

Ci sono due linee parallele, due strade che alla fine potrebbero confondersi e non si sa quale delle due possa diventare quella principale: la prima è quella di un paese in crescita al 3% del PIL nel 2012 con una previsione del 4,3% nel 2013, con una maggioranza politica che sembra ancora solida nonostante le numerose critiche e defezioni verso Cristina Kirchner ed un’impresa che nonostante tutto regge l’urto della crisi. La seconda strada parla invece di un’inflazione reale intorno al 30%, di una campagna di nazionalizzazioni che sta deprimendo il mercato ed una soglia di povertà che si sta lentamente alzando.

Colpa delle solite campagne di denigrazione dell’FMI e della comunità internazionale, tuonano dalla Casa Rosada che nel frattempo ha aumentato i fondi per i capi territoriali, ha annunciato l’aumento degli assegni familiari e di quelli per i figli, ha attaccato ancora una volta Scioli, il suo alleato ormai diventato una spina nel fianco, che avrebbe dovuto essere il futuro candidato del Fronte Kirchnerista ed invece rischia di diventare il rivale di Cristina che punta ad una riforma costituzionale per una ricandidatura. Ecco perché le legislative diventano importanti.

Nel frattempo però l’ossessione per il dollaro inizia a schiacciare l’economia argentina, a maggior ragione dopo il consiglio della Banca Centrale di limitare le estrazioni in dollari dei titolari delle carte di credito ed ora che si è estesa anche a tutte le altre valute estere non più per controllare l’evasione, la fuga di capitali ed il mercato nero ma quasi per sfidare i mercati internazionali.

Il rischio è il cambio torni ad essere gravosissime con tutte le conseguenze del caso in termini inflazionistici, ma anche sull’import/export, sull’attività industriale. Insomma un ritorno molto serio al 2001. A fronte di questa paura, molto concreta, neppure la grande macchina propagandistica del Fattore K (l’entourage Kirchner, appunto) riesce a colmare la soglia dei delusi che ormai è prossima al 50%. Ogni mossa sbagliata di qui in avanti potrebbe significare l’inizio di una nuova stagione di ribellioni. 

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