lunedì 10 settembre 2012

Esiste un altro Michael Phelps e viene dal Brasile

                                         


Esiste un altro Michael Phelps, è brasiliano ed oggi le copertine di tutti i giornali brasiliani, ma anche britannici e di altri paesi che hanno vera sensibilità ed anche vera passione per lo sport sono tutte dedicate a lui perché questo ragazzo è un prodigio della natura e perfino i brasiliani normalmente calciofili si sono commossi ed entusiasmati per le sue imprese.

Si sono chiuse le gare dei Giochi Paralimpici di Londra ed ancora una volta il grande protagonista è stato Daniel Dias, originario di Campinas  che ha fatto meglio di Pechino (dove vinse 4 ori, 4 argenti ed un bronzo), vincendo sei medaglie d’oro con altre due di bronzo sfuggitegli per due quarti posti nella staffetta e che lo avrebbero consacrato perfettamente alla pari, anche numericamente con il cannibale di Baltimora che ha vinto otto medaglie d’oro proprio a Pechino nel 2008.

«Era un sabato come tutti gli altri, se non per un piccolo sanguinamento, in cui ha inizio la storia di un ragazzo che è nato a 37 settimane della gravidanza, con un peso di 1,970 Kg e 41 pollici. Quando Daniel è nato, ho pianto molto. Più tardi mi è stato comunicato che mio figlio era un bimbo e non aveva né piedi né mani. Ho pianto molto ed ho chiesto forza a Dio. Quando mi sono alzata e sono potuta andare da lui, quei corridoi sembravano senza fine. Quando fui di fronte a lui, lo accarezzai e lo vidi sorridere».

È uno stralcio del profilo biografico che Daniel ha fatto scrivere sul suo sito ai suoi genitori con i ricordi terribili di operazioni, lunghi soggiorni a S. Paolo per testare le protesi che puntualmente distruggeva ed imparare a camminare, lunghi anni di educazione fisica e di sacrifici mentre proseguiva regolarmente gli studi e si dedicava alle attività che praticavano tutti i bambini. Poi la passione per il nuoto scoperta a 16 anni e di lì l’inizio di una incredibile carriera che lo ha portato a diventare uno degli atleti più forti della storia nel nuoto paralimpico, detentore di quattro record mondiali in diverse specialità.

«Ho sempre accettato la mia disabilità ed ho pensato che Dio mi avesse voluto così per uno scopo. e Ho scelto di essere ugualmente felice. E’ una semplice scelta, il resto è fede e determinazione» dice Daniel, come sempre modesto, sorridente, fisico normale, vagamente somigliante a Ronaldo ed in ogni sua frase non mancano mai le parole felicità, famiglia e Dio. «Sono contento perché la gente non rispetta solo me ma anche il Brasile e tutti gli sforzi e gli investimenti su questo sport e sul movimento paralimpico», un movimento che in questi giochi ha classificato il paese al settimo posto nel medagliere e che ora, come Daniel, non vede l’ora che arrivi il 2016.

Lui tornerà a casa, disputerà i campionati mondiali di nuoto per vincere ancora e nel frattempo, come ha sempre fatto, continuerà a girare per gli ospedali, le chiese, i centri di riabilitazione del suo paese, per convincere altri bambini che si può essere felici ugualmente e che credendoci si può anche diventare grandi campioni, qualcosa in più di Usain Bolt e Michael Phelps, con due gambe e due braccia in meno. 

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