venerdì 28 settembre 2012

In Brasile scoppia la guerra ai contenuti di Google

                                                           


Giustizia o intimidazione? A voi la risposta sul nuovo caso di conflitto fra politica (e legge) e comunicazione verificatosi in Brasile e che ha visto in manette il direttore generale di Google Brasil Fabio José Silva Coelho, visto che il tema diffamazione è molto attuale anche in Italia.

Google ha rifiutato l'ordine giudiziario di oscurare un video in cui venivano citate informazioni false ed ingiuriose su Alcides Bernal, uno dei candidati alle elezioni municipali in Brasile del prossimo 7 ottobre, cosa che è costata l’accusa diretta al direttore di Google, responsabile di tale controllo per la legge brasiliana. Una sentenza di un giudice statale lo ha condannato per violazione della legge elettorale ed ha addirittura ha stabilito la sospensione per 24 ore dei servizi di Google e YouTube nello stato del Mato Grosso do Sul, un vero e proprio boomerang commerciale per un paese dove i due siti sono ai primi posti in classifica.

In realtà la vicenda è ben diversa ed anzi ancora più complessa, sebbene sia difficile fermare un video dopo averlo pubblicato su YouTube e di conseguenza rilanciato su facebook, twitter o inviato a mezzo mail o con i vari sistemi di condivisione fra utenti, sono in tanti a chiedersi quale sarà il futuro in Brasile di molte altre piattaforme tecnologiche non così potenti e ricche come Google (il cui direttore brasiliano è stato scarcerato ed il cui video contestato è ancora in circolazione) in un paese dove ogni filmato di critica su un candidato può essere considerato offensivo e dove alla fine la colpa e la censura rischiano di ricadere su ogni singolo utente.

Tutti gli organi di informazione che operano sul web hanno parlato di una legge obsoleta che finisce con il proteggere troppo i politici, anche quelli più discutibili e con il chiudere la bocca agli organi di informazione, sebbene il video su Alcides Bernal non fosse proprio leggero, accusando Bernal di violenza domestica, ubriachezza e gettando totale discredito sull’immagine del candidato. E non è la prima volta che un funzionario di Google nel paese viene accusato di disobbedienza ad un ordine giudiziario e la medesima cosa accade per Facebook.

Ed ora cosa farà il governo di Dilma Rousseff (che pure rispetto a Lula non ha mai avuto un grande rapporto con i media e con internet) che di certo non può contrastare le decisioni dell’autorità giudiziaria senza essere accusata di mettere il becco contro i giudici che stanno indagando proprio sul grande scandalo nel partito del presidente ma neppure potrà sopportare che il Brasile diventi un gigante in stile cinese che filtra e controlla i contenuti sul web per non disturbare il mondo politico. 

lunedì 24 settembre 2012

Il paradiso brasiliano di Marchionne

                 




Meno male che il Brasile li aiuta, anzi in realtà in materia industriale ed automobilistica il paese sudamericano ha delegato la presidenza del paese direttamente a Sergio Marchionne e Cledorvino Bellini, potentissimo Ceo di Fiat Brasil che danni battono cassa e pugni sul tavolo: al Brasile stabilimenti e posti di lavoro ed alla Fiat tanti soldini.


In questi giorni la notizia clou è la costruzione del nuovo stabilimento Fiat a Goiana nella regione del Pernambuco che si farà dopo mesi di trattative e passi indietro e con un finanziamento di 1,9 miliardi di euro stanziati dalla Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale e della Sovrintendenza per lo sviluppo del Nordeste, ovvero l’85% dell’investimento totale pari a 2,3 miliardi di euro, ma non è affatto una notizia in Brasile dove la Fiat ha trovato la sua seconda Italia, anzi l’Italia di una volta.


Nel 2011 Fiat ha ricevuto finanziamenti e prestiti per un totale di 2,3 miliardi di dollari a fronte di un utile netto di 1,39 miliardi di dollari e di una posizione di cassa pari a 2,88 miliardi di dollari, numeri che fanno capire quanto siano importanti questi soldi pubblici con una manodopera che comunque riceve circa 8.500-9.000 euro all’anno di stipendio e con spese ammortizzate dalla grande mole di incentivi e tagli fiscali.


D’altronde Fiat Automoveis nacque nel 1973 da una Joint Venture il cui 54,7% era costituito da Fiat mentre il resto delle quote e delle risorse è stato messo dal governo di Minas Gerais e proprio da quella notevole partecipazione statale è sorto nel 1976 quello che è oggi l’orgoglio di Fiat in America Latina, lo stabilimento di Betim, 2.250 kmq di estensione, dal 2008 ad oggi produttrice di circa 720.000 auto all’anno e con la prospettiva di arrivare a 900.000 nel 2014 e con 25mila posti di lavoro diretti ed indiretti.

 
Iveco a Sete Lagoas è il più grande stabilimento della Fiat nel settore veicoli commerciali e di trasporto pesante ed è nata con il 60% di contributi statali ed è diventata il partner privilegiato del Ministero della Difesa brasiliana non solo per camion alimentati ad etanolo e biodiesel ma anche per mezzi militari ed in più ha costruito un moderno centro di ricerca, una parola magica che in Italia non viene mai pronunciata, ma questa è una colpa collettiva perché nessuno, e non solo Marchionne, crede più nella ricerca nel nostro paese.


Benefici fiume anche per l’altra branca di Fiat Industrial, Case New Holland che ha investito in tre stabilimenti (Contagem, Curitiba, Sorocaba e Piracicaba) e si prepara ad investire 600 milioni di euro nel nuovo stabilimento di Monte Claros nello Stato di S. Paolo. Il protocollo di intesa con lo stato di S. Paolo che partecipa al 50% è stato firmato perfino a Torino. Ora CNH monopolizza il settore dei mezzi agricoli nel paese.


Tutti questi investimenti sono stati ben coperti sul piano fiscale. Durante la recessione del 2008 con una forte crisi del settore, Bellini pretese ed ottenne una grande riduzione dell’imposta sui prodotti industriali, una revisione dei dazi doganali per le esportazioni e tutto ciò dopo aver minacciato chiusure e licenziamenti. I successivi incontri con il ministro dell’industria Guido Mantega furono il preludio al Plan Brasil Maior che partirà nel 2013, ma è dal 2009 che sono state stabilite riduzioni dell’IPI, incentivi fiscali, senza considerare che solo il 5%


Quanto al Plan Brasil Maior esso prevede un abbattimento dell’imposta proporzionale a nuovi investimenti in tecnologia ed auto ecologiche e mentre le imprese che non operano in Brasile avranno tre anni di tempi per raggiungere l’obiettivo fissato dal governo, per Fiat, Nissan, Toyota e Wolkswagen che già operano da tempo, gli obiettivi sono già dati per raggiunti ed i privilegi fiscali partiranno subito. Possiamo permettercelo? Sicuramente no ed anche volendo il Brasile è un’altra cosa.
 
 

                      

giovedì 20 settembre 2012

Dall'Argentina la prima impresa privata antartica




Neppure pinguini, foche e trichechi si salvano dall’invasione di internet, così grazie alla liberalizzazione dei domini ed alla fantasia di qualcuno, da qualche giorno anche l’Antartide ha il suo sito indicizzato con .aq e la prima in assoluto ad ottenere un dominio con tale appartenenza è un’impresa argentina.

Il dominio .aq in realtà esiste già da tempo ma era riservato unicamente ad organizzazione governative firmatarie del Trattato Antartico e quelle su iniziative relazionate al continente bianco, ma ora anche Dattatec impresa argentina specializzata in servizi di web hosting e registrazione di domini ha ottenuto la prima concessione di questo tipo che sicuramente gli frutterà molto in termini di pubblicità e di esclusività.

C’è però una motivazione ben precisa. Il continente antartico ha un suo proprio ccTLD (country code top-level domain o estensione di dominio che è appunto .aq al pari di qualsiasi altro paese e continente ma i requisiti per poterne usufruire bisogna avere un rapporto molto consolidato e comprovato con il continente bianco e con le attività che vi si svolgono e per certi versi anche la presenza fisica e l’impresa argentina è riuscita a garantire tutto questo.

Guillermo Tornatore, fondatore e CEO di Dattatec spiega che la sua azienda ha ottenuto l’autorizzazione a seguito di una lunga partnership di ben otto con la Fondazione Marambio, al fine di dare comunicazione e diffusione alle attività che essa stava volgendo in Antartide. Tornatore ha contattato Lujan uno dei pionieri della base Marambo che è nata nei ghiacci antartici nel 1969 e che è stata fra le prime a tracciare una pista di atterraggio per i velivoli diretti nell’area e di conseguenze nelle basi vicine e così ha iniziato a collaborare per comunicare i progetti scientifici della fondazione.

Ora l’obiettivo di Dattatec è cercare addirittura di spostare una parte della sua sede, tuttora a Rosario in Argentina, proprio lì, al fianco della Fondazione, così da diventare non solo la prima impresa con estensione antartica ma addirittura con un domicilio nel continente meno abitato e più isolato al mondo e da lì proseguire nella sua attività di comunicazione e di interazione con le attività di studio presenti ed anzi aiutandole sempre di più nella loro diffusione sul web e nella rete. Bisognerà capire solo se i server riusciranno a resistere a così tanto freddo.  

martedì 18 settembre 2012

Chi vincerà il vecchio comunista o il rottamatore?




Mancano tre settimane ed i cittadini non hanno certezze e non sono aiutati né dai sondaggi filtrati, inesatti, completamente opposti nei loro risultati, né dalle reti sociali mai come questa volta fulcro di una battaglia impressionante di post e tweet, né dai media, polarizzati e divisi: chi vincerà il vecchio comunista o il rottamatore?

Frammenti di campagna elettorale: da un lato Hugo Chávez, visibilmente indebolito ed emozionato, mentre viene acclamato a s. Fernando de Apure durante un comizio su un grande palco dopo il bagno di folla, rigorosamente vestita con maglia roja e la scritta “Chavez, corazon de mi patria”, attraversata con un camion, come si rispetta per un leader del popolo. RNV e Telesur nel frattempo rilanciano le immagini ed i sondaggi che danno il presidente in vantaggio da un minimo di quindici fino ad un massimo di venti punti di vantaggio con un gradimento dell’operato governativo pari al 67%.

Sposti lo sguardo dall’altra parte e vedi i filmati del tour elettorale instancabile (una città al giorno) di Henrique Capriles Radonski accolto da centinaia di giovani a Barquisimeto o arringatore delle folle a Caracas, pubblicate su Tal Cual di Teodoro Petkoff, storico fondatore del Movimento al Socialismo e nemico giurato di Hugo e trasmesse da Globovision di Gustavo Cisneros (una sorta di Murdoch in versione venezuelana). Da queste parti è dato per vincente Capriles , in volata per due punti percentuali, un sorpasso che in altri sondaggi diventa perfino più grande.

È una campagna elettorale tesa, a tratti violenta nelle zone periferiche del paese, combattuta a suon di promesse ed accuse amare: quelle dell’opposizione che annuncia due milioni di elettori inesistenti nelle liste elettorali è già calcolati nei sondaggi governativi e denuncia aggressioni ed intimidazioni delle camicie rosse e quelle di Chavez contro Capriles, che punta il dito contro il massiccio finanziamento della campagna elettorale da parte di holding petrolifere e mediatiche americane e di infiltrazioni estere per influire sui risultati.

Ma non ci sono solo sondaggi. Hugo Chávez sa di giocarsi tanto in questa campagna elettorale, dove molte delle reali incertezze della popolazione, già viste durante le elezioni parlamentari del 2010, sono state acuite  dalle notizie sulla sua malattia e dalle sue numerose assenze durante l’anno, da una situazione socio-economica che non è possibile celare sempre, specie quando avvengono incidenti petroliferi gravi, razionamenti alimentari ed interruzioni di energia elettrica. E poi c’è lui, Henrique Capriles Radonski.

Capriles non è un avversario come tutti gli altri, legati ad un passato militare o sfacciatamente vicini alle lobbies private del paese e per giunta vecchi e poco carismatici. Capriles, piacente, notevole oratore, è stato uno dei più giovani a ricoprire una carica pubblica, sa gestire bene la rete perfino meglio di Chávez e nello stato di Miranda come governatore è noto per aver creato un suo microcosmo socialista con edilizia popolare, investimenti in assistenza, educazione e piani alimentari, al tempo stesso apertissimo alle iniziative private. Non è un caso che lo appoggino oggi dalla sinistra di Leopoldo Lopez alla destra di Maria Corina Machado e Pablo Perez, tutti sconfitti alle primarie. 

Chávez lo sa bene e per questo è in vena di confessioni e di preoccupazioni. Qualche giorno fa al quotidiano ecuadoriano El Comercio dichiarò di aver pensato di dimettersi e scegliere un successore dopo l’ultimo ciclo di chemioterapie, salvo poi chiedere aiuto a Dio ed è di questi ore la notizia che avrebbe ammesso davanti alla sua famiglia ed ai suoi fedelissimi il rischio di una sconfitta. Tanti giovani non sono più così convinti del socialismo e potrebbero fare la differenza e dopo molti anni la coperta della rivoluzione rischia di essere molto corta e le promesse di maggiori esportazioni di petrolio, pur sempre in rialzo, sembrano non bastare più.  

venerdì 14 settembre 2012

Proteste e blocchi: il giocattolo argentino di Cristina si è rotto



“Cacerolazo”, una parola che riporta indietro ad undici anni fa l’Argentina ovvero manifestazioni di piazza, proteste contro il Governo, ma soprattutto inizio delle limitazioni economiche per molte famiglie e risparmiatori argentini con relativa crisi istituzionale e caos totale ed il giocattolo sembra essersi rotto di nuovo.

Santa Fe, Cordoba, Mendoza, Bariloche ed infine Buenos Aires. Questa volta non sono serviti pentole e casseruole (da cui prende il nome il Cacerolazo, ovvero le caceroladas) ma migliaia di sms, di tweet, di pagine su facebook che hanno richiamato in piazza le persone per protestare contro le bugie e le restrizioni del governo di Cristina Kirchner che in tutta risposta prosegue in una sorta di tour elettorale anticipato, quasi che le elezioni siano alle porte (quelle legislative si svolgeranno l’anno prossimo ma sono in tanti a pensare che possa esserci un anticipo delle presidenziali).  

Ci sono due linee parallele, due strade che alla fine potrebbero confondersi e non si sa quale delle due possa diventare quella principale: la prima è quella di un paese in crescita al 3% del PIL nel 2012 con una previsione del 4,3% nel 2013, con una maggioranza politica che sembra ancora solida nonostante le numerose critiche e defezioni verso Cristina Kirchner ed un’impresa che nonostante tutto regge l’urto della crisi. La seconda strada parla invece di un’inflazione reale intorno al 30%, di una campagna di nazionalizzazioni che sta deprimendo il mercato ed una soglia di povertà che si sta lentamente alzando.

Colpa delle solite campagne di denigrazione dell’FMI e della comunità internazionale, tuonano dalla Casa Rosada che nel frattempo ha aumentato i fondi per i capi territoriali, ha annunciato l’aumento degli assegni familiari e di quelli per i figli, ha attaccato ancora una volta Scioli, il suo alleato ormai diventato una spina nel fianco, che avrebbe dovuto essere il futuro candidato del Fronte Kirchnerista ed invece rischia di diventare il rivale di Cristina che punta ad una riforma costituzionale per una ricandidatura. Ecco perché le legislative diventano importanti.

Nel frattempo però l’ossessione per il dollaro inizia a schiacciare l’economia argentina, a maggior ragione dopo il consiglio della Banca Centrale di limitare le estrazioni in dollari dei titolari delle carte di credito ed ora che si è estesa anche a tutte le altre valute estere non più per controllare l’evasione, la fuga di capitali ed il mercato nero ma quasi per sfidare i mercati internazionali.

Il rischio è il cambio torni ad essere gravosissime con tutte le conseguenze del caso in termini inflazionistici, ma anche sull’import/export, sull’attività industriale. Insomma un ritorno molto serio al 2001. A fronte di questa paura, molto concreta, neppure la grande macchina propagandistica del Fattore K (l’entourage Kirchner, appunto) riesce a colmare la soglia dei delusi che ormai è prossima al 50%. Ogni mossa sbagliata di qui in avanti potrebbe significare l’inizio di una nuova stagione di ribellioni. 

mercoledì 12 settembre 2012

Dieci giorni di febbre da Tango a Roma




Aria di Argentina fino al 21 settembre nella capitale, dove si svolge la quarta edizione di Buenos Aires Tango, uno dei Festival più attesi ed appassionanti ospitato all’Auditorium del Parco della Musica: un incontro fra culture e una grande occasione per sperimentare l’incredibile impatto del Tango sul pubblico italiano e mondiale.

Dieci giorni in cui sono previste lezioni giornaliere di Tango di un’ora e mezza con maestri specialisti argentini, conferenze e seminari di coreografia sul tema e spettacoli musicali del Duo Fuertes Varnerin e dell’Ensamble “Escalandrum Sextet” dove figura il batterista Daniel “Pipi” Piazzolla, nipote del grande Astor, uno dei miti della cultura tanguera, arricchito il 18 settembre dalla partecipazione straordinaria della stella del jazz italiano Fabrizio Bosso alla tromba.

In più la grande novità di quest’anno è il Campionato dei Campioni che inizierà il 14 settembre e si concluderà con il gran finale il 17 settembre e vedrà sfidarsi otto fra le migliore coppie mondiali di ballerini (Eber Burger ed Yesica Lozano, Paula Ballesteros ed Alejandro Hermida, alcune delle coppie che hanno partecipato anche ai campionati mondiali ufficiali a Buenos Aires) ed il Campionato romano di Tango Salón aperto a professionisti ed esordienti giudicati da Silvana Grill e con ospite d’onore la ballerina, coreografa Milena Plebs, conosciuta in tutto il mondo per le sue tournee con Miguel Angel Zotto.

Dalla sua creazione ad oggi, il Tango, ormai Patrimonio Culturale dell’Umanità, è ormai esportato in ogni parte del mondo ma è in Europa che la febbre per quel “pensiero triste che si può mettere in danza (secondo la definizione di Enrique Santos Discepolo) è ormai a livelli altissimi, tanto che sono centinaia le scuole di tango in ogni parte d’Italia ed il nostro paese è secondo soltanto alla Spagna per diffusione e praticanti (che sono comunque in grande crescita in Germania e nei paesi dell’Est).

Roma incontra dunque Buenos Aires che partecipa attivamente al progetto, compartecipando all’organizzazione dell’evento e prendendo molto seriamente le competizioni organizzate tanto da aver fornito perfino i regolamenti e le indicazioni precise su qualità, passi e tradizioni, perché il Tango, se non lo si fosse capito, è molto più di un ballo.